martedì 17 marzo 2009

PRINCIPIANTI

Dieci anni fa, il 27 aprile 1999, sulle pagine culturali di Repubblica usciva un articolo di Alessandro Baricco. Il titolo: L’uomo che riscriveva Carver. Il contenuto: Baricco fa un viaggio in America, e nella biblioteca di una piccola università trova i dattiloscritti originali della seconda raccolta di Carver, Di cosa parliamo quando parliamo d’amore, corretti a mano dall’editor Gordon Lish. La lettura dei testi ha un esito sorprendente. Lish ha cambiato il titolo e il finale di quasi tutti i racconti, ha tagliato interi paragrafi, ha perfino riscritto di suo pugno alcune frasi. Nell’articolo Baricco sottolinea diversi difetti dei testi originali, e tira queste conclusioni: il Carver genuino era pur sempre un bravo scrittore, ma non il maestro che credevamo noi. Il genio minimalista, quello che avrebbe influenzato tutta la letteratura occidentale, era un corpo con due teste, quelle di Raymond Carver e di Gordon Lish. Il tono in cui queste conclusioni venivano tirate era più o meno il seguente: cari lettori di Carver, sapete che cosa ho scoperto? Che siamo stati truffati. Il nostro scrittore preferito era in realtà un’abile operazione editoriale.
Fino a qui tutto bene. Il mio Carver preferito è quello di Cattedrale, e la scoperta non mi ha ferito più di tanto. Ho sempre pensato che quei racconti picchiano duro al primo colpo, ma alla distanza rivelano una certa freddezza meccanica, tradiscono il lavoro fatto a tavolino. La domanda però era questa: come mai Baricco si prende la briga di andare fino a Bloomington, Indiana, chiedere il fondo Lish a una gentile bibliotecaria, tirare giù uno scatolone pieno di dattiloscritti e perdere tutto quel tempo a studiarli, per raccontare a noi questa storia? È una cosa che ha fatto perché gli andava, o ce l’ha mandato qualcuno? Ce l’ha mandato Repubblica? E in questo caso perché?
Dettaglio numero uno. La notizia non era esattamente uno scoop. Era uscita, pari pari, sul New York Times di quasi un anno prima, nell’estate del 1998. Così la luce sulla questione comincia a cambiare: nell’aprile del 1999 la redazione culturale di Repubblica decide di rispolverare una vecchia notizia, mandando uno dei più famosi scrittori italiani negli Stati Uniti per compiere ricerche inutili, dato che tutto era già stato verificato e descritto da un giornalista del New York Times mesi prima.
Dettaglio numero due. All'epoca dell’uscita dell’articolo, la casa editrice minimum fax si era appena aggiudicata i diritti italiani dell’opera di Carver, battendo nella gara un colosso come Einaudi. Il piano editoriale prevedeva di pubblicare uno alla volta tutti i suoi libri, una decina circa, in una collana progettata apposta per lui. E sapete quando uscì il primo di questi libri (Racconti in forma di poesia)? I più cinici di voi l’avranno già indovinato. Marzo 1999. Appena prima dell'uscita dell'articolo.
Insomma la teoria del complotto è formulata così: Einaudi perde l’asta per pubblicare Carver e decide di compiere un’azione di sabotaggio. Prende un vecchio articolo del New York Times. Assolda il sicario Baricco. Si compra la pagina culturale di Repubblica (che non dovrebbe essere in vendita, non essendo una pagina pubblicitaria, ma questo è un altro discorso; e un altro discorso ancora è come mai Baricco si presti a questa roba). E spara la bordata del 27 aprile: Carver è una truffa, un’operazione commerciale.
Ora mi chiederete: come mai salti fuori con questa storia a dieci anni di distanza? Perché, come raccontavo tempo fa, i diritti editoriali a un certo punto scadono. La durata dipende dal contratto che era stato firmato, e in questo caso era proprio di dieci anni. Nel 2008, scaduto l'accordo con minimum fax, la vedova di Carver ha rivenduto tutto a Einaudi, immagino cedendo a un’offerta economica che non si poteva rifiutare. In questi giorni esce il primo libro, e sapete che libro è? Si intitola Principianti e non risulta nella bibliografia ufficiale di Raymond Carver. Sono le versioni originali dei suoi racconti, ancora intatte dall’accetta-bisturi di Gordon Lish. Le cartelline che quel giorno del 1999 Baricco era andato a cercare nella biblioteca dell’università di Bloomington, Indiana. Proprio loro.
Ora, io sono contento che questo libro esista. Stamattina, appena ho saputo che era uscito, sono corso in libreria a comprarmelo, e nel viaggio in treno verso casa mi sono letto il primo racconto, Perché non ballate?, che nella versione ufficiale so quasi a memoria (In cucina si versò un altro bicchiere e guardò i mobili della camera da letto sistemati nel giardino. La parte di lui, la parte di lei). È sempre un bel racconto, solo un po’ meno secco e tagliente di quello che conoscevo. Per adesso do ragione a Baricco: la versione ritoccata da Lish è migliore. Quando li avrò letti tutti, magari ne riparleremo. Intanto però sto sogghignando, perché mi chiedo questa cosa: come lo recensirà Repubblica? Gli dedicherà un paginone domenica prossima? Parlerà di capolavoro ritrovato o tirerà fuori quel suo vecchio giudizio, per cui questo libro è un Carver incompiuto, materia prima ancora grezza, mancante del lavoro geniale del suo editor? E se cambieranno opinione, si vergogneranno almeno un po’? Io non ho dubbi su come andrà a finire. Accetto scommesse e aspetto seduto in riva al fiume, in attesa che passi il cadavere del mio nemico.

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